Conversazione
telefonica del 15 marzo 2013 alle ore 20,15 tra Nikla Cingolani e Giovanni
Manunta Pastorello. L’artista parla della sua tecnica
pittorica e del proprio metodo di lavoro con riferimenti nella storia dell’arte. Sono stati
trascritti solo alcuni passaggi della
telefonata (durata totale 59'08") utili per comprendere il
processo creativo dell'artista e la sua meravigliosa definizione di
Pittura.
Telefonata
del 15 marzo 2013 - ore 20,15
Durata
59'08"
Alcuni
passaggi:
GIOVANNI MANUNTA PASTORELLO: Pronti
NIKLA CINGOLANI: Ciao. Innanzi tutto piacere. Senti, dobbiamo
conoscerci. Hai un attimo per me?
So che sarà noioso
ma Vorrei che mi raccontassi un po’ la tua storia. Io ho visto alcuni tuoi
quadri tempo fa in Galleria Marconi ed ora li sto guardando su internet. Noto
che sei molto concentrato sul paesaggio. E, dimmi se sbaglio… Sto guardando un
paesaggio che mi ricorda un po’ Magritte. Ci sono degli alberi e un prato verde
brillante con dei fiori che ricordano i quadri rinascimentali, sono realizzati
minuziosamente in ogni particolare…poi ecco apparire sulla sinistra una
presenza inquietante, scura, grigia… sono dei cavi, dei tubi che sembrano fibre
ottiche. Un lavoro che intreccia tecnologia e natura. Può essere?
GMP: No…però
potrebbe anche essere. Questa è una delle tante letture. Alcuni li chiamano
proiettili, altri salsicciotti…
NC: Ma la tua lettura qual è?
GMP: Guarda,
è semplicemente Pittura. Tant’è vero che non faccio solo questi soggetti, ce ne
sono alcuni figurativi che abitano questi luoghi, perché questi sono dei
luoghi. Di solito penso al lavoro come una mostra, dove c’è una storia che
utilizzo per dare forma alla mostra. Non voglio esprimere nessun messaggio.

NC: Però la natura è predominante nei tuoi lavori.
GMP: Sì,
sì. In una mostra posso portare 10, 15 pezzi. Uno di questi è una figura
femminile, a seconda del discorso. Io ho fatto una serie di mostre che erano la
mia teoria pittorica.
Ho molto lavorato sulla teoria pittorica soprattutto
all’inizio del mio lavoro. Ho concepito tutta un’estetica della Pittura, perché
mi limito solamente al linguaggio della pittura, anche se m’interessa tutta
l’arte. Il paesaggio è complementare al racconto. Se è astratto, o
rinascimentale come dici tu, è sempre comunque un’ambientazione. Per come
concepisco io la Pittura che deve essere una finestra. La tela può essere una
finestra che può proiettare al di là, o una superficie, oppure al di qua dove
ci sono degli oggetti e invade lo spazio.
NC: Ciò che tu chiami “finestra” per te è una visione?
GMP: È
una specie di schermo dove si proietta un’immagine.

NC: Ed è la proiezione dell’immagine che tu hai mente?
GMP: No. Nella mia
teoria metto l’artista come strumento, come può essere un pennello. Metto anche
il concetto o la storia da narrare. Sono tutti strumenti e pretesti per
arrivare alla Pittura, che è un’immagine finale, un’immagine piatta, statica,
che ha utilizzato l’artista come strumento. Credo molto in questo ….non so come
spiegarlo….è come se lo spirito dell’arte attraversasse le epoche e i vari
artisti in diverse forme, e io mi metto come tramite. Cioè, non mi occupo del
mio personale o dei racconti miei, affronto l’argomento Pittura in tutto.
Tant’è vero che poi, io li chiamo paesaggi o proiettili, come li chiamano gli
altri che gli danno dei titoli, ma sono tutti la stessa cosa, cioè delle
pennellate. I paesaggi o gli astratti sono tutti dipinti con singole pennellate.
Anche il tubo è un’unica pennellata.
NC: Ah! Questo è interessante! È che io su internet vedo
immagini a bassa risoluzione.
GMP: Ma
non si capisce neanche se lo vedi dal vero, cioè te lo devo dire. Ho iniziato
nel 2007. Me la sono inventata una notte. Prima creavo dei paesaggi con
intrecci di rami, più tubi che rami. C’è la parte in ombra, la parte in luce,
poi sfumo all’interno con l’acrilico, che asciuga in fretta e devi essere molto
veloce. Poi, dopo aver visto la pittura cinese del 1200, quella calligrafica,
su carta di riso, sono rimasto molto colpito. Non tanto dai soggetti o dalle
narrazioni ma proprio dalla tecnica e cioè quella di utilizzare il pennello per
dare forma agli oggetti come se fosse una scrittura. Come il bambù, che è
quello più diffuso, fatto a piccoli tratti, poi con la parte piatta del
pennello si tira e si fa le foglie. Sono cose calligrafiche fatte con
l’inchiostro sul supporto che non reggerebbe la pittura materica. Quel lavoro
lì era messo in contrapposizione con la pittura europea soprattutto con quella
italiana che loro consideravano di cattivo gusto perché pesante, volgare e
inutilmente volumetrica, senza stile ed eleganza. Siccome a me piacciono tutte
e due, mi piace sia Simone Martini che la pittura cinese del 1200, stavo
cercando una cosa che la risolvesse
NC: Cercavi una sintesi tra le due praticamente..
GMP: Sì,
e l’idea mi è venuta dalle bombolette spray, quelle che si vedono per strada.
Non so se hai presente quelle che creano dei tubi…

NC: Sssì….
GMP: Hanno
l’erogatore che crea un cerchio e concentra il colore sui bordi. Se tu fai una linea,
il bordo rimane più scuro e crea un “tubo” perché al centro c’è meno colore. Le
tag danno quel senso di volume. Io volevo ottenere la stessa cosa: l’oggetto
calligrafico e non rinunciare al volume. Un po’ come la pittura occidentale. E
allora ho inventato questa tecnica, prendendo dei pennelli piatti, preparo i
colori con tutti i toni e gradazioni…
NC: E te li prepari tutti prima?
GMP: Sì.
Poi immergo il pennello piatto per metà in un tono scuro e l’altra metà in un
tono chiaro. Lo scarico e poi con un’unica pennellata faccio il tubo. La
sfumatura centrale non la faccio col pennellino ma è un’unica pennellata.
NC: Caspita!
GMP: Per
il fondo bagno la tela, e il colore si diffonde come un acquerello sulla carta.

NC: Infatti, sai che te lo volevo chiedere? Sembrano
acquarelli…
GMP: Perché
sono dipinti sull’acqua. Lavoro in orizzontale, allago prima il quadro, e le
prime 4 o 5, 10 velature sono fatte sull’acqua, in modo da creare questa
sfumatura aiutata anche dalla trama del gesso di preparazione della tela.
NC: L’imprimitura la prepari tu?
GMP: Sì.
La tecnica è la stessa che ho studiato all’Accademia e cioè quella della
tempera grassa su tavola, tipo quella del Tondo Doni. Anziché la tempera grassa
che ha un sacco di difetti, uso l’acrilico che ha lo stesso comportamento ma è
più resistente. Do quattro mani di gesso, le prime mani le do sull’acqua,
l’acqua sfuma, fa perdere definizione, una volta che si asciugano le prime
velature parto coi toni meno contrastanti, ma con segni netti. Il segno netto
sullo sfumato crea un effetto di messa a fuoco che son tutte regole che
conosciamo ora grazie alla macchina fotografica. L’occhio mette automaticamente
a fuoco qualsiasi oggetto vicino o lontano che sia. Non ci accorgiamo del
passaggio. In fotografia si usa molto l’effetto sfocato negli oggetti che
stanno avanti, quelli lontani, e a fuoco quelli centrali. Io faccio un po’ la
stessa cosa, infatti è molto mediale come concezione, parte quasi dalla
mentalità di Photoshop la mia Pittura. Però utilizzo le regole dell’ottica e
cioè i toni più freddi lontani e i toni più caldi vicini. E poi è tutta una
somma di linee e lineette che si sovrappongono.
NC: Quindi la tua è una pittura spontanea, non parti da un
bozzetto…
GMP: No,
no, perché mi annoio e quindi evito di annoiarmi.
NC: Quindi parti subito a dipingere
GMP: Una
volta davanti alla tela…già il bianco mi fa il lavaggio del cervello…non so
cosa farò!

NC: Quindi quello che è nell’immediato, al momento…
GMP: Eh
sì. Sì. Sono il frutto di un giorno perché l’acrilico asciuga rapidamente.
NC: Ma questa immagine che ho davanti “Paesaggio 2011”,
dove hai dipinto una foresta con gli alberi, un prato con i fiori completi dei
loro petali, con tutte le foglie… anche questo l’hai fatto in un giorno?
GMP: …Ho
capito qual è. Sì, anche quello l’ho fatto in un giorno.
NC: Mamma mia! Complimenti!
GMP: Ci sono
giornate che sono in forma e ci metto un giorno, altre volte posso metterci una
settimana, dipende dall’asciugatura dai tempi dell’acrilico. D’estate asciuga
rapidamente. Se potessi li farei più velocemente.

NC: Quindi è una cosa che ti viene di getto
GMP: Però
aspetta, di getto sì ma è molto controllata. A volte controllo l’indirizzo
della sfumatura, togliendo, asciugando con la carta. È un lavoro molto
meticoloso anche nella casualità. E anche nei tubi, rispetto sempre il punto
luce che viene solitamente da sinistra in alto. Devono essere tutti coerenti
sennò non c’è l’inganno, si perde il gioco di prospettiva. Il discorso che
voglio fare io è che la Pittura può essere qualsiasi cosa. In questo caso
sembrano dei paesaggi ma in realtà sono esercizi calligrafici.
NC: Infatti, parliamo di questo perché mi stai dicendo una
cosa che io non avevo capito.
GMP: Ora
sai già come faccio i quadri…a nessuno viene in mente di mettere due colori
nello stesso pennello e anche facendolo, bisogna saperlo fare, avere i pennelli
giusti…queste cose io me le sono fatte negli anni.
NC: Quanto sono grandi le tele?
GMP: Quello
che ho finito è alto 120 e largo 80 ma è una delle tele più piccole che ho
perché le altre sono 120 x 150.

NC: Comunque quello che mi affascina è il gesto,
l’immediatezza di questo tuo stile che chiami calligrafico.
GMP: Ma
guarda che è vero che le faccio in fretta! A volte sto anche una settimana ad
annusare il quadro come…sembriamo due cani che si stanno conoscendo…Perché se
sbagli rovini tutto, non puoi tornare indietro. Quindi a volte sono gesti che
si fanno in due secondi ma che hanno una preparazione, una concentrazione di
giorni. Oppure a volte mi alzo e, senza neanche farmi la doccia, risolvo il
quadro con due pennellate. Devo sempre stare attento come un pescatore.
NC: Senti, posso dire che questi tubi rappresentano la tua
scrittura e sono la tua firma?
GMP: Sì,
però non parliamo di linguaggio, perché secondo me la Pittura non è un
linguaggio. Io la considero una cosa a parte. Io la considero l’ultimo
pezzettino di metafisica che è rimasta all’umanità. Perché siccome non si sa
come funzioni, rimane questo mistero dell’immagine che appare, cioè il potere
della pittura in sé. Si dice sempre che la pittura è morta no?

NC: No, a me sembra che stia benissimo.
GMP: Di
salute secondo me sta molto meglio delle altre discipline…Accetto il fatto che
sia morta ed è rimasta un fantasma. Non è altro che l’immagine.
La pittura è quello: appare nella forma che vuole, nel
periodo in cui vuole lei, appare nei luoghi dove vuole lei…molte volte appare
nei luoghi dove c’è mercato (risata)
Prima la pittura si era collocata in un ambiente specifico.
Già con Picasso è successo questo. Perché era nata la fotografia. All’inizio
c’è stata una collaborazione. I primi pittori iniziarono ad usare la
fotografia. I primi fotografi sono dei paesaggisti romantici. L’impostazione
dell’immagine era quella. Noi diamo per scontato che l’immagine esista perché
siamo super educati all’immagine. Mentre 150 anni fa gli spettatori quando
hanno visto il primo film, il treno che entrava in stazione, sono fuggiti, oggi
nemmeno un bambino verrebbe ingannato da un’immagine del genere.
NC: Ti dispiace ritornare sul discorso della pittura?
Parlavi della collaborazione tra fotografia e pittura. Infatti è risaputo che
gli impressionisti hanno usato il mezzo fotografico per i loro fini pittorici.
Poi, quando è arrivato Picasso, la pittura ha trovato di nuovo un suo nuovo
spazio, la sua dimensione…
GMP: e ha
dovuto affrontarla altre volte. La fotografia non si batte. La pittura è
diventata un’altra cosa, è diventata pittura moderna, espressione di
qualcos’altro. Poi è arrivata la televisione. Anche lì la lotta era dura. Con
il cinema uguale. Gli artisti sono diventati performer, ma già i futuristi
erano dei performer.
NC: L’hanno inventata loro la performance con le serate
futuriste che finivano a scazzottate!
GMP: Ma
anche il concetto di opera multimediale come si usava in quel periodo…l’opera
sinestetica è di quel periodo perché già c’era il cinema, il movimento, e
bisognava competere con quello. Questo ha portato un’evoluzione mentale, tipo “Forme
nella continuità dello spazio” di Boccioni, una delle opere che segnano
l’evoluzione umana. Bacon non esisterebbe senza quel lavoro.

NC: Bacon…Se vai a vedere le foto di Bragaglia…
GMP: È
perché dovevano confrontarsi con lo spettacolo, fino agli anni 80 e 90, fino al
Grande Fratello. È la competizione, è
come competere con la fotografia. Ogni volta che succede questo si parla di
“morte della pittura” e di una serie di artisti che si adeguano alle
innovazioni, che poi puntualmente falliscono, e la pittura ritrova la sua
collocazione. La Pittura esiste da 33.000 anni. Questi nascono e dopo 10 anni
decretano le cose…non so…è ridicolo ecco. Però loro scompaiono ogni volta e la
Pittura rimane, trova sempre il suo specifico. Ed ora, qualsiasi tecnologia non
potrà mai riprodurre l’effetto vis-à-vis
con l’oggetto che ha il quadro. E l’arte si è divisa in due parti: una è quella
dello spettacolo, dove c’è una fondazione, un museo, un politico che ha bisogno
di attirare l’attenzione. E allora arriva Cattelan con i suoi manichini, va sui
giornali, sulla TV... Mentre il pittore non fa notizia. Già io mi vedo i
politici davanti a un quadro, la gente annoiata (risata)...

NC: (risata)
GMP: Però
rimarrà sempre la pittura per quelli che la seguono. È sempre stata un élite,
non è mai stata per molti.
NC: Beh….oddio…questa contemporanea non è facile. Non è
fatta per chi la guarda velocemente, bisogna avere tempo, fermarsi, avere la
pazienza di poter arrivare a capire…solo che nella tua arte non c’è niente da
capire…
GMP: No,
non c’è titolo, non c’è niente, è solo Pittura da guardare.
NC: Posso dire allora che vuoi dare piacere agli occhi?
GMP: No.
No perché… cioè puoi dirlo, ma io non faccio le cose che piacciono a me.
NC: Come “non fai le cose che piacciono a te”…
GMP: No.
Io faccio solo quello che so fare, a me piacciono le cose semplici, io penso ci
sia una cosa più interessante e cioè: fare ciò che è giusto fare in un
determinato momento.
Non è il dipingere per un pubblico ma è dipingere per
l’umanità. È come hanno fatto anche gli altri. Sbaglio a fare i paragoni con i
grandi della storia però… Picasso io non l’ho mai conosciuto, ma in un certo senso mi ha un po’ salvato, ha dato un
senso a quello che ho vissuto. Se mi dovessero togliere dalla memoria tutta la
storia dell’arte, i film, i libri che ho letto, rimarrei una palla…Picasso poi non
mi piace neanche…

NC: Picasso a chi sento non piace a nessuno.
GMP: Guardo
quello che lui ha fatto nel periodo giusto e l’impatto che ha avuto sul mondo. Ed
è la cosa che m’interessa di più.
NC: Però dietro Picasso c’era un discorso mentre tu mi
stai dicendo che la tua è Pittura pura, punto. Colore e istinto…
GMP: Questo
sì, questo sì. E poi io non posso dire che è merito mio, che è una mia
decisione perché certe volte mi escono delle cagate pazzesche che non volevo
fare, e per pudore copro. Io faccio uscire dal mio studio solo cose mi
soddisfano. Siccome non ho controllo, non è che mi metto a dire “oggi faccio un
capolavoro” oppure “oggi faccio un quadro così così”. Non ho nessun controllo
quindi non posso dire di farli io. Così come non è colpa mia se sono brutti e non
è nemmeno colpa mia se sono belli. Ma non è quello il problema. Mi pongo in
quello che succede nel mondo, do la mia risposta con la Pittura, e questo
secondo me è da dire ora. Cioè nessun messaggio, nessun linguaggio, nessun
simbolo, anche se le mostre possono apparire delle allegorie. Da Marconi ho
fatto “La Natura”. La mostra era già stata organizzata un anno prima. Questa
donna, questa figura doveva essere blu ma uscì Avatar, e così ho dovuto
cambiare, nessuno ci avrebbe creduto! Allora ho fatto questa signora con un
vestito bianco come una specie di sposa e le ho lasciato un becco blu. Quella
era un’allegoria della natura perché c’era questa figura e il resto era
concentrato tutto sul paesaggio. Era il paesaggio la vera potenza. E i suoi
capelli diventavano tubi e paesaggio. Dopo di quella ho fatto “Innaturale -
contro natura”, dove c’era una scimmia
che utilizzava la propria coda come pennello. Il primo essere vivente a fare
arte.

NC: Hai usato un archetipo
GMP: Sì
sì, una cosa del genere. Invece la mostra di Colombo a Milano che inauguro il
18 aprile, è un’allegoria della pittura. C’è una bambina, perché volevo mettere
assieme come figura l’ingenuità e la potenzialità sensuale della Pittura.
Perché la Pittura è così, la Pittura è ingenua, è come una bambina, perché tu
la prendi, la usi, la colori, lei si fa fare tutto però allo stesso tempo ha
quella “Promessa” che hanno tutti gli adolescenti quando saranno qualcosa, ma
allo stesso tempo ha molto fascino. Questa cosa ha molto potenziale
nell’adolescente. Però ripeto, non c’è nessun messaggio. Io utilizzo queste
storie per arrivare a una forma. Punto.
NC: Bene.
GMP: Per
la mostra di San Benedetto dopo la pittura sto pensando cosa è giusto dire.
Quindi tutta l’ambientazione sarà quella paesaggistica astratta che si sta
evolvendo, sta lasciando il proiettile e sta andando verso il tubo diciamo, sono
delle figure che sembrano delle lettere, ma non c’è nessuna intenzione di fare
delle lettere, è solo calligrafia pittorica. Quindi non so se ci sarà un
personaggio…
Comunque è bello anche avere un’altra lettura.

NC: Ti dico, io ho pensato al connubio tra natura e
tecnologia solo che adesso che mi sono confrontata con te…
GMP: Ma
non ci sei andata molto lontano, lo dicevamo prima di una pittura che usa le
stesse leggi dell’ottica, della fotografia, di Photoshop. È una pittura che
nasce ora, che non si poteva concepire prima perché ha nel suo essere degli
elementi che sono di adesso. Poi io mi rifaccio ai verdi di Tiziano, io guardo
alla Storia dell’Arte.
Poi parliamo di una
mostra che ha visto a Roma.
GMP: Io
sono un artista. Mentre tutti stanno lì a cercare la soluzione per i mali del
mondo, l’artista se ne deve fottere. È così che cambia il mondo! Come ha fatto
Cezanne, che ha cambiato la visione mondiale delle cose…
NC: Non ti sento più, ti sto perdendo, …ah eccolo, ti stai
muovendo?
GMP: No
no, … è che qui sta nevicando!
NC: Ma dove sei?
GMP: In
Sardegna (ridendo)
NC: Ma non nevicava in Germania? (Ridendo anch’io) ... e mi dicevi?
GMP: Cezanne
era uno che stava a casa sua in campagna non frequentava nessuno, dipingeva
patate, cipolle, pomodori… un ortolano. Poi stava lì a dipingere quella
montagnina… Ma ha cambiato l’immagine del mondo! Picasso, Matisse, sono nati da
lui…nasce tutto da Cezanne. L’arte è questo, è il cavallo di Troia. L’arte non
deve preoccuparsi di cambiare il mondo perché intanto lo cambia.
NC: Infatti la regola è non avere regole
GMP: Sì
perché appena ne metti una arriva un artista e te la cambia. Il verde non si
può usare…allora io te lo uso…un verde bellissimo…e poi tutti lì a fare il
verde!
NC: Giovanni, è un piacere parlare con te ma io ora devo
lasciarti, devo preparare la cena. Siccome sono anche una donna di casa mi
tocca.
GMP: A
casa mia sono io il cuoco.

NC: Ah sì? Sai cucinare?
GMP: Mi
piace molto e mi piace anche inventare le ricette. Il pollo coi mirtilli è il
mio cavallo di battaglia. Ti piace il rosso o viola?
NC: A me il viola
GMP: Allora
coi mirtilli.
NC: Ma ci fai una salsa?
GMP: Cuocio
il pollo in padella e i mirtilli sono l’ultima cosa da mettere. Si cuoce per
due ore e ogni tanto si aggiunge qualcosa. Sicuramente sono ricette che già
esistono. Diciamo che improvviso…
NC: Come in pittura
GMP: Sì,
sennò mi annoio.
NC: Senti, ti devo proprio lasciare! Sai cosa vado a fare?
Vado a cucinare le orecchiette con le cime di rapa.
GMP: Buone!
Quelle non le so fare.
NC: Allora te ne lascio un po’ per fartele assaggiare!!!
GMP: (Risata)
NC: Ciao Giovanni, è stato un piacere e ti ringrazio per
essere stato così disponibile.